Sommario
Con riferimento al trapianto di capelli si parla spesso di cliniche estere, ma quanto tale scelta può andare a discapito della qualità e della sicurezza per il paziente? Il The Telegraph, uno dei principali quotidiani letti in Gran Bretagna, ha recentemente stilato una guida all’autotrapianto di capelli, con tanto di consigli per orientarsi tra le diverse soluzioni.
A prescindere dalla decisione finale, queste sono alcune indicazioni che l’illustre testata ha voluto dare sul trapianto di capelli all’estero e sul ruolo svolto dal chirurgo in un intervento di questo tipo:
1. Il confronto personale con il chirurgo
Secondo il tabloid britannico, “un incontro in prima persona con il chirurgo che effettuerà l’autotrapianto è molto utile per assicurarsi di instaurare un buon rapporto, fare domande specifiche sulla propria idoneità all’autotrapianto e chiedere di interventi compiuti su altri pazienti con situazioni tricologiche simili”.
Il confronto di persona col chirurgo è un punto fondamentale. Sottoponendosi ad un trapianto di capelli all’estero, è raro poter organizzare con largo anticipo una visita preliminare con l’esperto, essenziale per poter valutare con trasparenza e attendibilità scientifica tutti gli aspetti che l’autotrapianto di capelli include, concordare con la necessaria tranquillità le modalità di intervento più adeguate alla situazione personale e fare quindi una scelta pienamente consapevole.
Leggi la storia del paziente recatosi in Turchia per un trapianto di capelli, poi picchiato e derubato (clicca qui).
2. L’idoneità tecnica all’autotrapianto
L’incontro preliminare con un esperto serve anche ad appurare se si risulti un buon candidato per un autotrapianto, presupposto fondamentale per sottoporsi alla procedura in totale sicurezza.
Il Telegraph sottolinea “il risultato dipenderà in gran parte da quanti follicoli si può disporre nella zona di prelievo e da quanto grande è l’area ricevente da rinfoltire”. Non sono rari i casi di pazienti operati all’estero che, non avendo ricevuto una valutazione adeguata alla propria storia e alle caratteristiche soggettive, non hanno ottenuto un risultato adeguato o addirittura hanno corso il rischio di compromissione della zona donatrice, con l’impossibilità di eventuali interventi di recupero.
Leggi l’articolo sull’esperienza negativa di un paziente andato in Turchia per un trapianto FUE (clicca qui).
Un chirurgo dovrebbe sconsigliare un autotrapianto quando nella zona donatrice non ci sono sufficienti unità follicolari a ricoprire la zona diradata ed assicurare un risultato estetico in linea con le proprie aspettative (Approccio etico al trapianto capelli di Istituto Helvetico Sanders). In questo senso devono essere valutati anche molti altri parametri: diametro del capello e colore dei capelli, disponibilità e densità dei follicoli, l’assenza di cicatrici, lo spessore, la lassità e la vascolarizzazione del cuoio capelluto, e altre eventuali problematiche pregresse o concomitanti.
3. Formazione del chirurgo e monitoraggio post operatorio
Per il Telegraph, quindi, il turismo medicale non è la scelta migliore: “in paesi come India, Tailandia e Turchia l’autotrapianto è eseguito a buon mercato, ma è molto meno probabile che si conosca in maniera approfondita la formazione, la competenza del chirurgo e se la procedura andrà a buon fine”.
Oltre l’esito dell’intervento, dovrebbero essere anche valutate l’assistenza e il monitoraggio post operatorio. Nei primi mesi è imprescindibile per un chirurgo dover controllare il corretto attecchimento delle unità follicolari e la preservazione di un corretto equilibrio idro-lipidico del cuoio capelluto, area di cute tra le più sensibili. In un secondo momento sarà poi necessario controllare la ricrescita dei capelli impiantati per assicurare al paziente il massimo risultato estetico possibile.
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